La morte

La morte è non essere più qui a scrivere queste pagine. Ma la cosa non mi inquieta particolarmente. Forse perché non la sento ancora particolarmente vicina, anche se, quanto vicina o quanto lontana, non lo sa mai nessuno. Perché, come diceva Epicuro, quando c’è la morte, non ci siamo noi, e quando noi ci siamo, non c’è la morte. Non mi preoccupa affatto l’idea del sonno eterno, dello scomparire nel nulla. Anche se ho il sospetto che dopo morto mi scoprirò ancora vivo, come sembrano indicare tutte le esperienze NDE (Near Death Experience).

Penso al dopo morte come a un pentolone, in cui tutti finiremo, come delle gocce dentro l’oceano. E, dentro questo oceano non porteremo tutto di noi. Io penso che manterremo la nostra autocoscienza, ma non la nostra individualità, troppo banale ed impastata con la materialità del nostro corpo, della nostra buccia, perché valga la pena portarsela dietro. E lo dice anche il Vangelo, nell’episodio della donna al pozzo, dai molti mariti (Matteo 22,28), dove Gesù, alla domanda di chi sarà moglie nell’al dl là questa donna che ha avuto 7 mariti, risponde:”Alla risurrezione non si prende né marito né moglie, ma si è come gli angeli del cielo.“

Perché, qualunque cosa noi facciamo, nel bene come nel male, è troppo effimera ed imperfetta, troppo legata alle categorie di spazio-tempo, per essere fissata per l’eternità, in un premio o una condanna. E se pensiamo di sopravvivere dopo quel brevissimo fotogramma che è la nostra vita, non possiamo immaginare di portarci dietro la nostra separatezza individuale.

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