Presupposto

Io credo in un dualismo, alla base delle nostre capacità cognitive, tra razionalità e intuizione, tra parte destra e parte sinistra del cervello. Sono le due braccia attraverso le quali comprendiamo la realtà che ci circonda e prendiamo le nostre decisioni.

La nostra acquisizione di informazioni e il nostro processo decisionale dipendono dal dialogo continuo tra queste due parti del nostro cervello, della ragione e del cuore (o magari pancia, se si preferisce). Ci persuadiamo veramente di qualche cosa soltanto se le due componenti cognitive sono in armonia tra loro. Se qualche cosa ci viene spiegata razionalmente, ma non ci convince nel nostro profondo, se istintivamente “non torna”, a nulla vale la spiegazione razionale: continueremo a girarci intorno alla ricerca del punto debole del ragionamento. Ma, per converso, se ci sono delle cose che ci attraggono istintivamente, quand’anche esse vengano “demolite” razionalmente, non cesseremo mai di sforzarci di cercare una spiegazione razionale di questa attrazione.

La ragione deve trovarsi d’accordo con l’istinto, con l’elemento inconscio, che, per molti di noi, opera nel sonno o nel dormiveglia, quando, comunque, abbiamo gli occhi chiusi e siamo isolati dalla realtà esterna visibile. Allora, la parte istintiva fa sentire la sua voce: come quando, dopo “averci dormito su”, ci assalgono i dubbi e vediamo le cose in una prospettiva diversa. Ogni interpretazione della realtà, ogni nostra persuasione, deve trovare in armonia le due componenti di testa e di pancia, se vuole convincerci.

Capita di sentire, in politica, l’espressione un “voto di pancia”, in tono dispregiativo, in antitesi con un “voto di cervello”. Ma, in realtà, la superiorità del “cervello” non dovrebbe essere sempre e comunque data per scontata. La stragrande parte delle nostre scelte nella vita quotidiana viene effettuata senza impegnare la nostra razionalità. Se, mentre scendiamo le scale, dovessimo impegnare il nostro ragionamento su dove mettere i piedi, rischieremmo di non andare avanti o di inciampare. Dunque, la nostra “pancia” ci assiste spesso a vedere cose forse al solo “cervello” sfuggirebbero.

Per questo, qualunque persuasione religiosa, qualunque “spiegazione” del mistero, il pensiero dell’esistenza di Dio, per esempio, deve saper mettere in pace le due metà della nostra personalità, che corrispondono dopotutto alle due metà da cui è composto il nostro cervello.

Questo dualismo corrisponde, sia detto grossolanamente, al rapporto tra scienza e religione, tra ragione e spirito. La razionalità è alla base della scienza, che ci trasmette le conoscenze accumulate dall’umanità nel corso dei secoli in forma razionale e organizzata.

La religione è invece espressione dello spirito, dell’intuizione che ci avvicina al mistero, e ci trasmette anch’essa conoscenze ed esperienze accumulate dall’umanità, nella forma di tradizioni religiose. La religione potrebbe essere definita come il rapporto con il mistero, mediato dalla comunità umana. La spiritualità rappresenta invece il rapporto individuale con il mistero.

In passato, tradizione religiosa e sapere scientifico tendevano a sovrapporsi, anche se la religione tendeva a prevaricare sulla scienza.

Oggi, invece, le parti si sono invertite e la scienza tende a prevaricare sulla religione e sostituirsi ad essa.

Io anticipo qui che mi considero, alla mia maniera, un credente. Credo in un senso, in una finalità della vita e credo che scienza e religione, forse in un punto infinito, siano destinate a convergere.

Di una religione che ignora la scienza, non so cosa farmene. Come non so cosa farmene di una scienza che ignora lo spirito.

2 risposte a “Presupposto”

  1. tu dici “razionalità e intuizione” io dico razionalità e impulsi che poi è la stessa cosa. Dopo anni di psicoterapia posso però dire di trovarmi ora a voler avere per impulso un comportamento, ma anche a fermarmi per analizzarlo e dirmi “una volta avresti fatto così ed è sbagliato, ora faccio così,,,,”
    In questo cammino sono stata aiutata dal mio inconscio che negli anni mi ha svelato cose di me stessa che non avrei mai creduto di pensare. Li ho raccolti in tanti quaderni perchè indicano un faticoso quanto prolifico cammino.

    1. Io ho sempre provato una certa ritrosia ad andare a guardarmi “sotto il cofano” con la psicoanalisi. Non nego che sarei anche curioso, ma diciamo che, anche nei momenti difficili, abbiamo cercato di accettare quello che la vita ci mandava. Forse un pensiero che mi ha sorretto e che ho difeso strenuamente, è stato che ci fosse un disegno, una trama, quand’anche per me indecifrabile. L’idea di un destino sordo e capriccioso l’ho sempre rifiutata. Per questo mi definisco tutto sommato credente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *